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Cecità - José Saramago

Immagine del redattore: daliacrocedaliacroce

Aggiornamento: 17 mar 2022



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Improvvisamente, mentre era nella sua auto, fermo ad un semaforo rosso, un uomo diventa cieco. Tutto d'un tratto il mondo è completamente bianco. C'è chi strombazza col clacson, chi si avvicina per togliere l'auto dall'incrocio e liberare la strada, quello che non sanno è che lui è solamente il primo ad aver perso la vista, un'epidemia sconosciuta si sta già propagando, a partire dall'uomo che ha accompagnato a casa il primo cieco e ne ha poi approfittato per rubargli la macchina, all'oculista al quale aveva provato a rivolgersi per trovare spiegazioni al proprio male, fino a tutte le persone che si trovavano nella sala d'attesa del medico.

Il governo, cercando di porre un freno a questa malattia che pare contagiosa, nota come "male bianco", decide di isolare tutti i ciechi in un ex manicomio. Nella prima camerata si ritrovano i primi contagiati tra cui, oltre al primo cieco, sua moglie, una ragazza con gli occhiali scuri, un bambino, un vecchio con una benda ad un occhio, il dottore e sua moglie la quale, per non separarsi dal marito, ha finto di essere cieca anche lei.

L'esercito è stato messo a presidio della struttura, dalla quale nessuno può uscire, continua solo ad entrare un numero indefinito di nuovi contagiati e la situazione sprofonda nel caos. La moglie del dottore sembra essere l'unica a poter vedere e cerca come può di aiutare, pur senza svelare il suo segreto, temendo altrimenti di dover diventare la "servetta" delle centinaia di reclusi o, peggio ancora, di essere uccisa.

Pur avendo cercato di organizzarsi secondo camerate, in modo tale da trovare un po' di ordine e disciplina e suddividere equamente le provviste che arrivano dall'esterno, l'arrivo di un gruppo armato di nuovi ciechi, che si impossessa delle provviste con la forza e ricatta tutti gli altri prigionieri, genera ulteriore confusione e sconforto. La situazione sta degenerando, le condizioni igienico sanitarie sono più che precarie, uomini e donne sono ridotti a vivere nella sporcizia e nel disordine. Le persone iniziano a morire, chi per malattia o infezione, chi nei conflitti tra le bande di ciechi, chi per i colpi sparati dall'esercito e i morti non seppelliti si accumulano.

La situazione è davvero catastrofica e porta alla luce gli istinti peggiori di ciascuno. Gli ultimi arrivati portano notizie dall'esterno, anche lì la situazione è degenerata, l'epidemia non è stata contenuta e la civiltà sembra scomparsa, ci sono solo gruppi di ciechi che vagano e razziano case e negozi in cerca di cibo.

Il gruppo della prima camerata rimane unito e, grazie alla guida della moglie del medico, trova rifugio e cibo, riesce a lavarsi raccogliendo l'acqua piovana e con ciò riacquista spirito e dignità. Sono passati solo pochi giorni da quando sono usciti dall'isolamento quando, ad uno ad uno, iniziano a recuperare la vista e dovranno affrontare un mondo del tutto nuovo.

È un romanzo quasi senza punteggiatura, con periodi lunghi e intricati che simula la confusione dei personaggi e che si legge tutto d'un fiato. È più che una distopia perché non ci troviamo in un futuro lontano, ma in un indecifrabile presente e, leggendolo con gli occhi di chi sta vivendo una pandemia mondiale all'inizio della quale nei supermercati ci si prendeva quasi a pugni per accaparrarsi i rotoli di carta igienica o l'ultima confezione di penne rigate, esplora la pochezza dell'essere umano, pronto a calpestare i suoi simili non appena i freni dell'organizzazione sociale si sono allentati.

La speranza è però incarnata nella moglie del dottore, in quello spirito di altruismo e sacrificio che ha permesso all'intero gruppo di sopravvivere sostenendosi a vicenda.

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